La stagione estiva con i turisti è terminata.

Nelle Alpi Marittime l’autunno avanza, i colori cambiano e si scaldano, le temperature si abbassano.
I nostri sensi si acuiscono. La prima sensazione che ci proietta nell’autunno sono i profumi delle foglie bagnate, della corteccia del legno e delle ultime more.
Il muschio riprende vigore dopo la difficile e asciutta estate, il suo colore verde brillante risalta sul grigio delle pietre e sul marrone dei castani, diffondendo sentori balsamici di eucalipto e resina.
I funghi assorbono e rilasciano i profumi del bosco, della terra e del legno in decomposizione.
Ne raccogliamo poche varietà. Il porcino (boletus edulis bull) i gallinacci (cantharellus cibarius), il sanguin (lactarius deliciosus),
Le castagne con i loro ricci invadono i sentieri.
In lontananza figure ingobbite raccolgono il prezioso frutto, il pane dei poveri, mettendoli in Tasche (marsupi di canapa che era coltivata diffusamente in passato a Vernante) legati alla vita con un nodo particolare.
Con dei piccoli rastrelli chiamati Pichet picchiettano sul riccio permettono l’estrazione della castagna.

Gli orti esplodono di verdure, zucche, insalate, cavoli, verze, porri.
Gli animali sono meno intimiditi, il capriolo una presenza quasi costante non scappa, ti osserva, come il cervo ancora raro nella valle Vermenagna. Facendo attenzione in lontananza non è difficile scorgere il lupo, riservato, sempre teso.
Il re delle cime il camoscio corre con i suoi piccoli affrettandosi a brucare gli ultimi trifogli alpini, i germogli dei rododendri, l’abete bianco e il pino cembro.
La marmotta, adesso grassa e lenta aspetta la lunga notte invernale.
Le greggi scendono a valle, perpetuando la transumanza, pratica antica quanto la presenza dell’uomo in queste terre.
Le vacche di razza piemontese il nostro orgoglio, le Pezzate Rosse Valdostane e Grigio Alpine.
Le pecore di razze autoctone come le Roaschine, le Frabosane le Sambucane e le rare Brigasche.
Le capre, la Camosciata delle Alpi e le Saanen.
Questi sono gli animali che hanno permesso di colonizzare le terre alte e ancora adesso sono imprescindibile per la presenza dell’uomo, e per il suo futuro.
I camini e le stufe si accendono, diffondendo sentori affumicati. Si prepara la polenta.

È la stagione della tavola. Il peperone con la bagna cauda, la carne alla zingara ovvero il carpaccio piemontese, le cipolle ripiene cotte al forno, la torta di meglia (polenta gratinata con zucca e porri), per citare gli antipasti.
Le grandi zuppe come l’ula al forno (minestrone cotto nel forno a legna), la pasta al fuiot (maccheroncini mantecati ai funghi porcini), le vernantine ovvero ravioli di patate e porri, le cuiette (gli gnocchi).
I secondi con i brasati, la selvaggina e il bollito.
Le cucine si saturano di profumi arcaici che spaziano dalla pungenza marina dell’acciuga sotto sale, che ricorda quasi l’alga fermentata, all’aglio con la sua intensità vegetale che rimanda ai prati primaverili ricoperti da allium ursinum, ai cavoli con i loro aromi sulfurei all’immancabile e complessa nota delle carni in bollitura, con odori salmastri di grasso animale e di vegetali.
Nel pomeriggio i nonni fanno le caldarroste, saltando le castagne nella peila (padelle di ferro forate) sul fuoco, per i nipoti che osservano il rito della arrostitura delle castagne.

Vini piemontesi

In Piemonte tutto questo va abbinato al vino, compagno immancabile, nelle osterie come sulle tavole delle case imbandite a festa.
Lo si può sorseggiare come aperitivo, magari un Alta Langa a base pinot nero, bello secco come va di moda adesso. Il naso ci regalerà l’immediata complessità di questo nobile vitigno a bacca nera: pietra focaia, mela, vaniglia, erbe balsamiche.

Accompagnando un vitello tonnato potremmo bere un Timorasso, vitigno antico, riscoperto nel Tortonese anni orsono. I suoi profumi in gioventù sono delicati, leggermente idrocarburati, di agrumi, fiori e miele di acacia.
Invecchia egregiamente diventando più complesso, sviluppando note di frutta secca, rovere, erbe aromatiche.

Il vitigno dei piemontesi è il dolcetto, dal quale si ottiene l’omonimo vino.
Lo si può gustare con un primo come i tajarin al coltello e ragù di salsiccia.
Le caratteristiche del vino dolcetto sono varie come le zone dove viene coltivato.
A noi piace leggero, fresco, croccante, con il naso ricco di sentori floreali. La violetta, la rosa, i frutti rossi, come la prugna e il lampone, sul finale una leggera nota di china.

Con il bollito l’immancabile barbera, vitigno di eccellenza dell’astigiano e del basso monferrato. Non la scegliamo troppo giovane, in modo che possa esprimere al meglio la sua morbidezza e integrarsi con la spiccata acidità.
Il naso è intenso, pieno. Note di fiori secchi, marasche, confettura di ramasin (susina locale) e spezie, come la cannella e l’anice.

Questo è il momento del nobile nebbiolo, vitigno elegante, introverso. Sabaudo.
Negli ultimi anni la qualità dei vini ottenuti con questo vitigno è cresciuta costantemente e non accenna a rallentare.
Le zone dove possiamo trovare la massima espressione sono nel nord piemonte, in provincia di Vercelli, Novara, Biella, (con denominazioni come Gattinara, Lessona, Boca, Sizzano, Ghemme, Fara e Bramaterra) e in provincia di Cuneo nel Roero e nelle Langhe.

Langhe vino : il binomio perfetto

Nelle langhe abbiamo le due denominazioni più importanti: Barolo e Barbaresco.
È un vino che per la sua finezza può essere abbinato a molti piatti differenti o essere sorseggiato in compagnia davanti ad un camino.
Il colore non è mai particolarmente intenso. Un rubino scarico che col tempo può diventare aranciato.
Il naso è etereo, complesso. Frutti rossi sotto spirito, liquirizia, funghi secchi, sottobosco, incenso e note minerali.
La capacità di invecchiamento del nebbiolo è straordinaria. I tannini, l’acidità e l’alcol gli permettono di maturare molti anni, raggiungendo una complessità che pochi altri vitigni possono vantare.

A questo punto non ci resta che fare una passeggiata nelle stradine di Vernante per respirare una boccata d’aria fresca che ci ricorda che la neve è vicina.
Prima di andare a letto aggiungiamo un ciocco di legno nel camino.
Buonanotte

Mattia Fanetti