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Ti ho già raccontato il mio amore per le espressioni artistiche e la loro straordinaria capacità di interconnessione, cosa che mi ha portato a cercare di guardare con occhio più attento e curioso i prestiti artistici e le loro capacità di racconto. Così ho iniziato con le immagini ed il loro rapporto con un'arte destinata ad un’altra sfera sensoriale, l’olfatto. Nell’articolo su Irving Penn e l’iconico profumo Musk ho percepito questo senso di contatto e di dialogo, la potenza comunicativa multisensoriale per cui la percezione di un concetto, di un racconto, di un simbolo, un’emozione può essere eccezionale quando viene filtrata attraverso uno dei nostri sensi, ma sarà sicuramente ancora più intensa se supportata dagli altri.

L’idea di un'arte pan-sensoriale (nulla di totalmente innovativo, sia chiaro) è per me sempre legata alle mie radici, alla profumeria. Questo mondo non è fatto solo di liquidi e particelle odorose, tutt’altro, sono ricordi, colori, racconti e tradizioni storiche affascinanti che accompagnano la nostra vita da sempre. Il lungo viaggio delle foglie di Patchouli

Questa volta ho provato a riprodurre sensazioni tattili, visive ed olfattive veicolandole tramite un’immagine che richiami le atmosfere orientali ed i suoi profumi.

Il lungo viaggio delle foglie di Patchouli

Il profumo al patchouli , come altre materie prime nella storia della profumeria, ha legato la sua nascita ad uno scopo d’uso ben preciso che solo in un secondo momento è diventato la profumazione della persona. La sua caratteristica odorosa, particolarmente intensa e difficile da non notare, si riteneva fosse capace di tenere lontano tarme ed insetti dalle preziose stoffe trasportate da Oriente e Medio Oriente in Europa. Per questo motivo le foglie di patchouli venivano inserite tra i diversi strati delle stoffe e rimanevano lì, a proteggerle, per tutto il lungo tragitto via terra e mare che le avrebbe condotte nel vecchio continente.

La storia del mondo è la storia di tutte le cose, così quella del profumo abbraccia quella della stoffa ancora prima che le grandi case di sartoria e di moda si dedicassero al lancio di un profumo con il loro marchio. Era come se fosse già scritto, dunque, che questi due mondi si sarebbero più avanti incontrati e congiunti.

Arrivate in Europa le stoffe erano appannaggio delle classi più agiate le quali potevano permettersi l’acquisto di questi oggetti di grande tendenza ma che rappresentavano un vero e proprio lusso. La lontananza dal luogo di produzione di questi prodotti, il lungo lavoro ed anche il lungo viaggio conferivano ai manufatti un grande valore economico. Per lungo tempo il profumo di patchouli non fu quindi associato alle pianta ed alle sue foglie ma piuttosto alle stoffe importante dall’oriente. Le ricche nobildonne europee rimasero da subito ammaliate da questo profumo intenso e persistente che rimaneva come incollato alle stoffe e trasmesso alla pelle. Il desiderio era quello di poterlo indossare sempre, al di là di stoffe ed indumenti.

È quindi la stoffa questa volta il vettore di diffusione del profumo, con la sua matericità e leggerezza capace, ad ogni spostamento, di diffondere nell’aria quella fragranza inebriante. Ancora una volta la nostra potenza immaginativa ci ha spinto ad indagare e scoprire l’origine di questo profumo, nel giro di un secolo non solo il Patchouli è arrivato a rappresentare una delle materie prime naturali più diffuse nel campo della profumeria, ma per un decennio ha rappresentato un’intera generazione, un periodo storico nevralgico.

Il patchouli come simbolo di ribellione

Sono gli anni ‘60, la Summer of love, Woodstock, il simbolo di questa fragranza che al tempo veniva consumata in versione oleosa e pura. Il profumo al patchouli era amato dai giovani vicini alla corrente hippy ma poco gradito alle generazioni più mature perché simbolo di rivolta e protesta, di eccesso, queste ultime però non potevano negare l'aspetto sensuale ed ammaliante delle sue note. Questo è uno dei motivi che mi ha portato ad elaborare questa materia prima nel mio Essence de Patchouli, perché proprio come per Musk il profumo si è elevato a simbolo rappresentativo di un’importante parte della nostra storia e dunque elemento condiviso ed unico.

Ho cominciato dunque a pensare come rappresentare questo simbolo, quali sono le immagini che avrebbero richiamato alla mia mente ed a quella degli amanti del patchouli le sue note legnose e verdi? Quali potrebbero raccontare al contempo la sua storia così antica e così ricca di sfaccettature? Credo di aver trovato la mia personale risposta…..

Lo scatto di Steve McCurry

La ”ragazza afgana” è il nome attribuito alla foto più famosa di Steve McCurry (resa nota dalla rivista National Geographic che la scelse per la sua copertina nell’ormai lontano 1985). Quegli occhi così penetranti, parlanti e timidi, raccontano da 50 anni una storia di forza e determinazione. Ma ciò che da sempre mi colpisce di questo scatto è l’essenzialità del contesto ed il perfetto studio dei contrasti cromatici. Il fotografo Steve McCurry è riuscito a restituire la naturelezza e l’identità della bambina perché proprio da questo è sempre rimasto affascinato. Dai racconti dell’artista però emerge un particolare interessante, uno di quelli che riesce a cogliere l’arte nella quotidianità: lo scialle. McCurry racconta che all’ingresso nella tenda-scuola notò subito la bambina (forse per lo straordinario collegamento cromatico che i suoi occhi verde foglia offrivano con il colore dello sfondo? O forse perché questo veniva richiamato a contrasto dal suo scialle ?) e volle fotografarla insieme alle altre e poi singolarmente, per non farla intimidire.

    

Credits by Flicr

La scolara istintivamente si nascose il volto dietro lo scialle rosso, poi solo la bocca, e dopo qualche scatto si fidò dello “straniero” e di quello strumento, la macchina fotografica, che non aveva mai visto in vita sua, lasciano l’intero volto scoperto così come lo conosciamo tutti. Lo scialle dunque, di per sé emblema di una tradizione culturale ed artigianale millenaria, diventa nello scatto dell’artista amuleto di difesa, oggetto di protezione, arma benefica. Ho pensato a questa foto perchè ogni volta che la vedo mi trasmette l’idea di resistenza, di naturelezza, di istinto di sopravvivenza. Così il Patchouli ne riprende il suo scopo primario, quello di prendersi cura di queste stoffe che in questo caso sono bucate ( la ragazza, rintracciata nel 2002 ha confessato a McCurry che mentre cucinava una piccola fiamma le aveva rovinato lo scialle) perchè sono a loro volta oggetto di vita quotidiana.

Così ho immaginato il mio profumo, richiesto dalle nobildonne all’inizio, in seguito amato da chiunque, a prescindere dalla classe sociale e dall’età. L’ho ripensato come se diventasse, in un segno di tributo, gli occhi della giovane ragazza, il suo sguardo-simbolo, forte di mille significati diversi tra loro ma tutti riconoscibili all’occhio di un osservatore attento. Ho immaginato Sharbat Gula (questo è il suo nome) seduta davanti alla macchina da cucire che lo stesso McCurry le regalò nel 2002, a realizzare gli abiti per la sua famiglia proprio con quelle stoffe tradizionali mediorientali, magari ancora conservate con l’antico segreto delle foglie di patchouli e con quello stesso profumo che si diffonde per la stanza. Se così non fosse , mi piace immaginarlo.

Dalle stoffe di un mondo lontano, alle mode più gettonate dei salotti borghesi europei, ai concerti infuocati di amore e ribellione degli anni ‘60 il Patchouli ancora oggi ha tanto da raccontare, per chi lo vorrà sentire con naso, occhi, orecchie e cuore.

Scopri il mio Patchouli

 

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Consuelo Perris