Nel mio viaggio attraverso l’arte continuo a chiedermi cosa leghi un’arte all’altra, cosa classifichi un gesto arte, cosa un profumo. Se il concetto di arte stessa venisse privato del dialogo tra le sue differenti declinazioni questo ne risulterebbe svuotato, non concedendoci più il beneficio di amare L’Arte (con la A maiuscola), ma solo un’arte tra le tante, distinta ed a se stante. Del dialogo reciproco tra le arti ho già parlato nell’articolo in cui ho avanzato il concetto di pan-arte, ma mi sono resa conto che più rifletto su queste tematiche, più la valutazione del concetto di profumo, profumeria ed arte mi sollecitano l’immaginazione e mi trovo sempre più spesso a vagabondare tra questi pensieri!

La nostra società sta abbandonando la distinzione medievale tra arti maggiori e arti minori, ma nonostante questo in molti non definirebbero un’opera d’Arte una composizione musicale, un libro, e tanto meno un profumo! Il senso della vista per secoli ha padroneggiato “monopolizzando” il nostro sistema percettivo e la stessa gerarchizzazione dei nostri 5 sensi ne ha risentito, portandoci a mettere nel ripostiglio gli altri sensi. Per secoli si è ritenuto che solo la vista potesse concedere un vero appagamento, considerando secondarie le emozioni derivanti dalla fruizione tramite gli altri sensi.

Tatto e olfatto però, sono stati considerati secondari rispetto non solo alla vista, ma anche a gusto e udito; dopo tutto chiunque si sarebbe compiaciuto nell’assaggiare un ottimo piatto o nell’ascoltare un’aria musicale, chi sarebbe stato così folle da ritenere “artistico” un eccezionale e morbidissimo velluto? Chi si sarebbe sognato di esporre in un museo un profumo talmente evocativo da richiamare immediatamente alla mente un’immagine? Nessuno! La materialità del manufatto era sempre legata al suo aspetto artigianale più che artistico, separando in maniera netta questi due ambiti che invece, e per fortuna, hanno trovato loro legittima collocazione e qualificazione.

Il profumo: opera intangibile?

Tessitori, profumieri, ceramisti, gioiellieri erano bravi o bravissimi artigiani e mai maestri, erano comunque capaci di realizzare prodotti ritenuti gradevoli alla vista, utili (si parla dunque di proto design) e soprattutto durevoli. Già, durevoli, poiché il prodotto era un “bene” e quindi veniva tramandato di generazione in generazione, acquista valore con il passar degli anni ma continua ad essere utilizzato o indossato. E il profumo? Effimero per natura, volatile, senza forma, come renderlo un'opera d’arte? Beh, per secoli, purtroppo, non lo è stata. Ma se l’arte è il “saper fare” (ad arte, appunto) con tutto ciò che ne consegue dalla sua fruizione, allora come non ritenere artistica la composizione tecnica, la riproduzione tramite olfatto di un evento/oggetto di cui abbiamo goduto con un altro senso? La risposta si trova nel naso, ma non il nostro organo sensoriale, piuttosto l’artista/chimico capace di rendere tutto questo possibile.

Tramutare un ricordo in qualcosa di tangibile si può, ma se consideriamo che il profumo è liquido e per legge naturale non ha forma, allora come risulterebbe difficile materializzare un ricordo tramite un profumo? Ho così iniziato ad interrogarmi sulla materia e l'importanza che occupa nelle nostre esistenze, così necessaria e spesso trascurata e come detto, non sempre riconducibile a tutto. L’arte mi è venuta in soccorso, mi ha prestato una piccola parte del suo sconfinato catalogo per provare a dare un’interpretazione materica del profumo.

Lo spazialismo di Lucio Fontana

Sulla materia ci si interroga da sempre e si continuerà a farlo. Prima era la parte “reietta” della dicotomia corpo-anima, poi è stata interrogata dal punto di vista scientifico perché ritenuta scrigno di conoscenza, poi associata al mondo consumistico moderno. A mio parere ha trovato miglior indagine a livello artistico negli anni ‘50 del Novecento con la nascita del movimento spazialista.

L’artista italo-argentino Lucio Fontana, conosciuto in tutto il mondo per le sue opere provocatorie, firmò nel 1947 il primo manifesto del Movimento dello Spazialismo. Era il fervido e prolifico periodo delle avanguardie ed il concetto di arte veniva messo in discussione più e più volte, si pensava che fosse necessario uscire dal periodo di stagnazione ad adeguare le espressioni artistiche alle innovazioni del secolo rivoluzionario. Dal canto loro, gli spazialisti ritenevano che fosse indispensabile un’arte integrale, che comprendesse (guarda caso) colore, suono, movimento, spazio. Non erano ancora arrivati all’apice della sensorialità includendo l’olfatto, così come ad esempio farà l’architettura sensoriale, ma posero le basi per tutte le riflessioni successive. Tatto che percepisce la materia, materia che si colloca nello spazio e per questo esiste, spazio inteso come somma di concetti assoluti come Tempo, Luce, Direzione e Suono. Gli artisti si erano resi conto (o meglio ritenevano necessario porre in risalto) dell’esistenza di forze naturali nascoste come raggi e particelle, le quali collaborano insieme a tutti gli altri fattori per la riuscita percettiva dell’opera.

Cosa sarebbe una scultura senza gli effetti di chiaroscuro della luce sul suo marmo? L’intangibile allora diventa fondamentale per la buona resa del tangibile, l’opera che scopre la matericità di elementi apparentemente senza materia, come l’aria o la luce, formati invece da particelle e molecole. Così Fontana nel 1958 squarciò la sua prima tela, generando sdegno e incomprensione, tramutando con un gesto (tempo) un'opera pittorica in una scultura tridimensionale (spazio).Senza quelle molecole di aria, senza i fasci di luce, la tela sarebbe rimasta solo il supporto dell’opera, ora invece rappresenta la capacità di andare oltre il visibile, oltre la materia tramite la materia.

lucio fontana masterpieces

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Lo spazio di Fontana e la matericità del profumo

L’arte sospesa di Fontana, così come era stata definita nel Primo Manifesto dello Spazialismo, è fatta dunque di luci e molecole, di sostanze senza forma che però danno forma - e vita - alle cose.
Ho dunque pensato: come dare forma al profumo? Cosa ci immaginiamo udendo la parola “profumo”? Il potere evocativo dell’olfatto, come ho già detto, è potentissimo e straordinario, ma solitamente pensando al concetto assoluto di profumo è difficile immaginare campi fioriti, scogliere oppure momenti della nostra vita. Nella nostra mente il cassetto con l’etichetta “profumo” contiene al suo interno una boccetta di profumo, mentre quella “estate” può avere una spiaggia assolata e quella di “mamma” una torta alla crema, perchè quegli odori ci ricordano quegli oggetti/momenti che colleghiamo in automatico agli altri.

Il profumo ha molto a che fare con le molecole, così come le Attese (è questo il nome delle opere “tagliate” dall’artista). Infatti noi riusciamo a percepire un odore grazie a queste molecole odorose che vengono catturate dal nostro naso e giungono al nostro epitelio olfattivo, da qui inizia il percorso di riconoscimento e catalogazione del nostro cervello. Le molecole che trapassano la tela tramite i tagli, o i precedenti buchi, hanno trasformato l’oggetto in espressione artistica e gli hanno attribuito spazio e tempo, le stesse molecole hanno trasformato un liquido come tanti altri in opera d’arte, perchè senza di esse il nostro cervello non avrebbe captato le sue caratteristiche uniche con tutte le emozioni che ne conseguono.

L’artista materico (pittore e scultore) ha chiamato le sue opere Attese perché i suoi gesti, tagli o buchi che fossero, non sono mai stati casuali ma richiedevano giorni o settimane di riflessione, dovevano essere ben ponderati affinché il risultato corrispondesse al concetto da trasmettere. L’artista naso allo stesso modo trasforma in attese tutte le sue creazioni, poiché il tempo influenza la composizione di un profumo, perchè questo subito dopo la sua formulazione può modificarsi.
Il tentativo di materializzazione del profumo si è tradotto, in segno di omaggio, nello squarcio di una tela dorata monocroma attraverso cui prende forma il concetto di profumo, che rappresenta eleganza ma anche naturalezza, quotidianità e persino sfarzo. Ecco perché la profumeria è un arte, perché dialoga e ritrova in sé molti degli assunti delle altre.

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Consuelo Perris