Se mi segui da un po’ ormai conoscerai il mio rapporto con l’arte del quale ti ho parlato numerose volte. Ho infatti già accennato, ed anzi ho anche approfondito, la mia storia di familiarità con l’arte.
È proprio il concetto di famiglia che pervade la mia storia, le mie passioni, il mio lavoro. Se da una parte Enrico Donati, artista contemporaneo di fama internazionale ( del quale ti racconto in questo articolo) mi ha dato i natali, dall’altra è la storia della mia famiglia ad avermi legato indissolubilmente al mondo della profumeria.
Dopo tutto, come amo ripetere, la profumeria è una forma d’arte ed il loro sodalizio non potrebbe essere più che armonioso
Seguo dunque questa scia quando penso ad un profumo, soprattutto quando si tratta di un nuovo profumo. In alcuni casi è un’opera d’arte a guidarmi, o un movimento artistico, un concetto. In altri invece questa associazione accade a posteriori, come nel caso delle Robbiane, che sto per raccontarti….
Cosa sono le Robbiane?
È probabile che te lo stia chiedendo e no, non devi preoccuparti se proprio non hai idea di cosa io stia parlando, perchè si tratta di rari manufatti che probabilmente avrai avuto modo di vedere senza però conoscerne l’interessante storia.
Per prima cosa parliamo dell’etimologia: robbiane sta ad indicare “di/dei Della Robbia”, ovvero la famiglia/bottega che inventò questa tecnica e produsse queste opere d’arte, per primi.
Lo Robbiane sono manufatti (spesso altorilievi o altissimi) in terracotta invetriata dal caratteristico colore bianco ed azzurro. Il tema di queste opere era, come in gran parte dell’arte quattrocentesca, quello religioso.
Il fascino di queste opere che grazie alla loro bellezza e luminosità hanno creato una vera e propria tendenza durante quel secolo, viene accresciuto dalla storia degli artisti che le realizzarono.
Proprio come è accaduto a me per cui la profumeria è diventato un “family affair”, cioè un affare di famiglia, secoli prima la famiglia Della Robbia faceva proprio, dall’inizio alla fine, il successo di questa tecnica
La storia della terracotta invetriata
Quando nel 1432 Luca Di Simone della Robbia (conosciuto appunto come Luca della Robbia) si iscrive all’arte dei Maestri di Pietra e legname di Firenze - sua città natale - per diventare uno scultore a tutti gli effetti, non avrebbe mai pensato che di lì a pochi anni la sua vita sarebbe cambiata per lui e per la sua famiglia.
Sebbene amasse la scultura Luca era da sempre stato uno sperimentatore: da anni portava avanti infatti degli studi per rendere le figure più brillanti, più vive e luminose.
Era infatti convinto che l’occhio sarebbe stato catturato dalla lucentezza e dalla lucidature delle superfici (si pensi alla lucidatura attenta dedicata da Michelangelo per le sue opere “finite”) e per questo cominciò con dei semplici esperimenti di verniciatura.
Non essendo soddisfatto del risultato che non appariva lucente ma soprattutto duraturo nel tempo e resistente agli agenti atmosferici sperimentò una tecnica di scultura in terracotta rivestita dalla vetrina ovvero uno smalto "stannifero" a base di ossidi (stagno e piombo soprattutto) responsabili dell’effetto vitreo.
Il risultato era pienamente riuscito già dalle prime applicazioni e superava per elaborazione e lucentezza anche quelle delle ben più antiche maioliche che possiamo considerare, in termini di tecnica, le antesignane delle Robbiane.
Il successo di Luca fu immediato!
Gli vennero commissionate decine di opere, la famiglia Medici lo mise sotto la propria protezione e lavorò ad alcuni dei cantieri più importanti (a livello artistico) di tutta Firenze come la cappella dei Pazzi in Santa Croce e cappella del Cardinale del Portogallo alla basilica di San Miniato. Per questi motivi dopo nemmeno 10 anni di adesione all’arte dei maestri di pietra decise di abbandonare la scultura per dedicarsi esclusivamente alla ceramica.
Un segreto di famiglia
Con il crescere delle richieste Luca decise di comprare una casa più grande da trasformare in bottega, insieme a suo fratello Marco. Luca decise, alla prematura morte di Marco, di adottare tutti e 6 i suoi figli ai quali avrebbe poi insegnato il mestiere. Come spesso succede “anche nelle migliori famiglie” spiccò per maestria e competenza uno tra tutti, Andrea.
A lui infatti venne affidata la gestione della bottega la quale conobbe un successo ancora maggiore tanche che proprio con Andrea l’associazione dei colori bianco e celeste vennero associati allo stile robbiano.
LA caratteristica delle robbiane è appunto la bicromia: veniva aggiunto l’ossido di stagno per il colore bianco, il cobalto per l’azzurro e il rame per il verde; l’unico svantaggio di questa tecnica è quello di permettere la riproduzione solo di questi colori con l’aggiunta di qualche altro quali il giallo (che veniva utilizzato per i limoni dei festoni decorativi) ed il nero/bruno per alcuni dettagli.
Nonostante si possa pensare che pochi colori avrebbero potuto sminuire la comunicatività delle opere gli artisti riuscirono a lasciare invariata questa caratteristica soprattutto se si pensa che molte di queste opere sono ancora fruibili liberamente nelle strade delle città toscane, umbre, liguri ma persino in Campania. La tecnica infatti consente all'opera di mantenere invariata la brillantezza del colore nonostante gli agenti atmosferici ed i secoli che le hanno accompagnate.
Il declino
Con il cambio di gusti e di tendenze e l'arrivo del nuovo secolo la bottega, soprattutto con l’addio di Andrea non riuscì a rimodernare il proprio prodotto. inoltre, nuovi competitors erano comparsi e volevano accaparrarsi il primato della tecnica, senza però aver abbandonato le altre attività. prima i figli e poi i nipoti di Andrea provarono a rilanciare in fasi successiva una tradizione che ormai aveva fatto il suo tempo e che, non a caso, non venne più riproposta secondo questo schema nella storia dell’arte.
Il nome dei Della Robbia, più di quello di Andrea o di Luca, è rimasto scolpito nella pietra (o per meglio dire, nella terracotta) forte di un lavoro comunitario, familiare.
Il Musk ed il peccato originale
Ho quindi provato a pensare quale tra i miei profumi richiamasse alla mente la straordinaria arte Robbiana e mi sono soffermata su queste opere luminose, dettagliate, in cui spesso qualcosa spicca dal tutto: i limoni, come punti di luce, molto di frequente inseriti nei festoni, ma in generale il giallo che si trova in maniera copiosa in un’opera di Giovanni, figlio di Andrea.
Adamo ed Eva non è sicuramente una delle opere più famose, venne realizzata nel 1515, ma è un esempio di rara bellezza delle potenzialità della tecnica e della maestria della bottega. I richiami ai corpi maschile e femminile si stagliano sul giallo che diventa ufficialmente il colore della tentazione. Nella mia interpretazione la mela quindi viene sostituita dal limone o meglio, dal cedro, ed il profumo richiama la voluttà e la sensualità tipica del Musk e pienamente espressa nella versione Cedro Musk by Alyssa Ashley.